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martedì 9 aprile 2013

Alla tv norvegese: la principessa Mette Marit non è un modello interessante per le donne

C'è un interessante dibattito, in corso in Norvegia, circa la figura di Mette Marit Tjessem-Høiby, la moglie del principe ereditario Haakon e, pertanto, futura regina del Paese. Ad avviarlo è stata la sociologa Edvige Skonhoft Johannesen, che ha partecipato ad un programma di dibattiti della tv NRK, come autrice di un saggi della casa editrice Aschehoug: in occasione del 100 anniversario del riconoscimento del diritto di voto delle norvegesi, la casa editrice ha lanciato una serie di saggi, a uscita mensile, per chiedersi "non tanto cosa significa essere una donna, quanto cosa significhino le donne".
Johannesen ha concentrato la propria attenzione soprattutto sul modello che la principessa Mette Marit propone alle donne. E lo ha definito "poco interessante". Perché? Perché la 39enne principessa, arrivata al matrimonio dopo un passato piuttosto movimentato, tra amori sbagliati, droghe e un figlio, Marius, portato in dote al futuro re, si propone come una donna degli anni '50. Mette Marit potrebbe essere considerata, secondo la sociologa, come un simbolo della nuova Norvegia, che, grazie al petrolio si è molto arricchita, ma non ha più idea di solidarietà e modestia: la principessa grazie al suo matrimonio, ha compiuto un notevole salto nella scala sociale, ma "vede le opere di carità come un'importante penitenza, mentre la solidarietà, la modestia e l'uguaglianza non sono più all'ordine del giorno." Eppure Mette Marit sarebbe in una posizione davvero unica perché, come futura regina, "tutto quello che fa, dice e indossa diventa argomenti di discussione", dunque è una sorta di "icona, come donna, come un modello di ruolo e di riflessione della nazione che rappresenta."
E qui le critiche si fanno più dure perché Mette Marit non è un buon modello: propone una donna degli anni 50, senza una propria carriera, senza indipendenza finanziaria e destinata soprattutto alla gestione domestica e familiare. L'handicap della principessa è la mancanza di studi superiori, che la spingano a interessarsi a cause non necessariamente sociali, ma legate almeno all''altro'; è anche vero che "nella nostra società moderna, democratica, una donna sposata nella sua posizione, preoccupata per bambini, vestiti glamour e viaggi in Africa, con una borsa Prada al braccio per svolgere attività di beneficenza, non è un modello molto interessante. "
Al dibattto televisivo ha partecipato anche un ex funzionario di palazzo Carl-Erik Grimstad, secondo il quale il lavoro di Mette Marit, "come membro della famiglia reale è semplicemente quello di essere un'icona".
Fatto sta che il passato turbolento di Mette Marit ha fatto sì che le aspettative su di lei fossero piuttosto contenute, così, se è vero che lei ha sbagliato molto poco, mantenendo un comportamento essenzialmente impeccabile, è anche vero che la sua agenda è tra le più povere di tutte quelle delle principesse consorti europee e che, pertanto, l'interesse dei media nei suoi confronti è molto scemato. Alcuni media come l'Aftenposten, uno dei quotidiani  più diffusi del Paese, hanno ridotto la copertura sulla Famiglia Reale: è un bene o un male? Lo dirà il tempo, però è vero che i media tendono a rappresentare Mette Marit (ma non solo lei, basti pensare alle altre principesse consorti) concentrandosi soprattutto sugli aspetti che avrebbero fatto felice una donna degli anni '50: gli outfits, le attenzioni per la maternità, la famiglia, la sensibilità per le opere di carità. "Questi sono i messaggi chiave che vengono enfatizzati" lamenta Johannesen, che vede in questo "una battuta d'arresto" della causa femminista.